Intervista al Corriere Veneto: “Nella crisi reality devo calmare urla insulti e …Cirinnà”

 

Venezia. Nel giorno più lungo di Palazzo Madama, martedì scorso, a reggere l’aula erano due padovani. Oltre alla Presidente, Elisabetta Casellati, c’era anche il suo «braccio destro»: Antonio De Poli che del Senato è questore anziano. «Vale a dire il più votato», precisa lui, Udc, nato Dc, classe 1960, una vita nelle istituzioni, come si suol dire. E a lui martedì è toccato l’onere-onore di sottrarre, su indicazione della conterranea Casellati, alla senatrice dem Monica Cirinnà un cartello contro Salvini. Le foto che lo ritraggono in azione evidenziano doti quasi atletiche nel contenere la passione politica dei colleghi.

Scusi, quant’è alto?

«Solo uno e ottantacinque. Nelle foto sembro più alto perché è la nota tecnica di noi questori: alzare le braccia aiuta a fermare i facinorosi e fa sembrare più alti».

Ci racconta il suo martedì di passione?

«La tensione c’era. Ma non è successo nulla di che. Giusto qualche cartello. Poteva andar peggio. Però si è iniziato bene…».

Cioè?

«Mezz’ora prima degli inizi abbiamo trovato tutti membri 5s del governo sui banchi dell’esecutivo. Arrivati i leghisti era rimasto posto per Salvini e Giorgetti, chiamiamolo sgarbo istituzionale…Però quando erano all’opposizione era peggio. Li occupavano anche in quel caso ma lì dovevo intervenire, prima con le buone, poi con gli assistenti».

Senta, lei che è l’ultimo democristiano veneto in Parlamento, quando è entrato per la prima volta in aula?

«Era il 2006. Parliamo del breve governo Prodi. Ricordo molto bene il senso di timor reverenziale che incuteva Palazzo Madama, culla austera delle istituzioni. Mi hanno spiegato che il Senato era la Camera più tranquilla. Purtroppo proprio con quel governo la tradizione si è interrotta».

Cos’è cambiato da allora?

«Questa crisi di governo somiglia a un reality, purtroppo. A volerci vedere il lato positivo diciamo che ha appassionato, nel bene e nel male, gli italiani al dibattito parlamentare manco fosse una finale di champions».

Sembra disapprovare l’andazzo «moderno» del dibattito…

«L’impressione è che ora siamo tutti ct della nazionale durante i mondiali. Ma sta tramontando la deriva social della politica. Vedo tornare l’esigenza di tirare per la giacchetta il politico sul territorio».

Si chiede mai come commenterebbero la politica di oggi i vecchi democristiani da cui ha imparato il mestiere?

«Cosa avrebbero pensato Amedeo Zampieri e Franco Cremonese? (ride ndr ), le rispondo così. Ero capogruppo in consiglio regionale. Ogni volta che intervenivo in aula mi venivano i sudori freddi. Il manuale di come si fa o meglio, si faceva, era rigido. Ora purtroppo, addirittura a Roma, vale tutto e il contrario di tutto e si abdica a un’etica…».

Prima lezione imparata dal manuale del politico Dc?

«Ascoltare l’avversario con rispetto. Urla e insulti sono aspetti che non condivido».

Come si trova da questore con la Casellati?

«È un presidente molto preciso, attento, preparato. Una che non tergiversa ma interviene anche in modo molto deciso».

Come finirà la crisi?

«L’accoppiata Pd-5s comincia a concretizzarsi. E sa? Un po’ pesa la voglia di non perdere la poltrona ma pesa di più la corsa a fermare Salvini ipotecando le prossime nomine del Colle e della Corte Costituzionale. Lo schema Trump, insomma».