Prospettive attuali e future dell’uso delle Car-T in Italia

Stamane in Senato ho preso parte a un convegno promosso da Motore Sanità sulle Car T che rappresentano un’innovazione nella lotta contro i tumori.

E’ stata un’occasione per fornire un contributo scientifico e accademico sulla ricerca nella lotta contro i tumori ma rappresenta, allo stesso tempo, un’occasione di riflessione a livello politico sulla necessità di puntare sulla ricerca che è un ingrediente fondamentale nella lotta contro i tumori.

Le Car-T. Come sapete meglio di me, sono i linfociti del paziente “educati geneticamente” a cercare, riconoscere e eliminare le cellule di leucemia o linfoma, dalle quali il paziente è affetto.

E’  facilmente intuibile che si tratti di un’innovazione importante, frutto della ricerca degli ultimi anni, che apre di fatto un’autostrada verso il successo di cura contro i tumori, non solo quelli liquidi ma anche altri tipi di neoplasie, visto che in futuro questi linfociti armati in laboratorio (modificati quindi geneticamente) potranno combattere anche i tumori solidi.

Ci sono ricerche in corso, a tal proposito, per capire se e come sarà possibile estendere i benefici e le potenzialità delle Car-T ad altri tipi di cancro.

E’ chiaro che una volta che verranno introdotte le Car-T si pone un problema di organizzazione.

Le Regioni dovranno individuare nella rete di servizi ospedalieri, i centri che hanno strutture adatte a queste cure e individuare i percorsi necessari, individuare le risorse umane ed eventualmente formarle.

Non solo, sarà fondamentale – come si dice spesso – “fare rete”.

E bisogna farlo non solo a livello di regioni ma anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti in questo processo. Mi spiego meglio.

Nella lotta contro i tumori bisogna cambiare paradigma o schema di gioco, utilizzando una metafora sportiva.

Le domande che oggi, noi come politici in primis, ma tutti dovremmo porci è la seguente: i pazienti oncologici riusciranno ad essere curati allo stesso modo? E per quanto tempo ancora il Sistema sanitario sarà in grado di sostenere i costi dell’assistenza oncologica?
C’è un problema di costi e non ha senso nasconderlo.
Negli ultimi cinque anni i nuovi casi di cancro in Italia sono aumentati da 366mila a 373mila.


Nel 2017, in Italia, la spesa farmaceutica totale è stata di 29,8 miliardi di euro
(il 75% rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale). Le uscite per i farmaci anticancro sono passate da 3,3 miliardi di euro nel 2012 a più di 5 miliardi nel 2017. Quindi, questo vuol dire che i farmaci oncologici rappresentano la prima categoria terapeutica a maggior spesa pubblica.

Il Governo italiano, nel 2016, ha introdotto, su forte richiesta del mondo scientifico, uno strumento importante per garantire la sostenibilità, un Fondo di 500 milioni di euro destinato ai farmaci oncologici innovativi. Oggi il Fondo è una misura strutturale. E’ un primo passo ma bisogna fare di più.

La domanda è la seguente: ce lo potremo sempre permettere o, in un futuro neanche tanto lontano, dovremo rinunciare a curarci?

Quali sono i problemi da affrontare? Le liste di attesa sono troppo lunghe, l’adesione ai programmi di screening è insufficiente soprattutto al Sud, le reti oncologiche regionali sono attive solo in alcune aree del Paese (Toscana, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Liguria)  e i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali non sono uniformi nelle varie Regioni con conseguente spreco di risorse.
Cosa serve?

Serve – e qui ritorno al concetto di prima – cambiare paradigma o schema di gioco.
Serve l’esperienza positiva di una vera alleanza tra tutti gli attori coinvolti nella lotta alla malattia.

Serve una condivisione non solo a livello nazionale ma anche e soprattutto a livello globale.

Il Sistema sanitario nazionale deve fare i conti con questo aspetto.
Il futuro della lotta contro il cancro è nelle TERAPIE INNOVATIVE (e le Car – T rappresentano solo un esempio).
Per garantire il sistema universalistico delle cure contro il cancro è necessario che il mondo scientifico, istituzionale (Governo, ISS, Parlamento etc ) e dell’industria farmaceutica SI ALLEINO per trovare sempre più risorse da investire a sostegno delle terapie e della ricerca.

Serve quindi un “PATTO” fra tutti gli attori coinvolti.

Proprio perché bisogna cambiare paradigma, io credo che il Governo e, in modo particolare, il Ministero della Salute dovrebbe lavorare per promuovere queste cure innovative, superando quell’approccio che, a volte, magari concepisce le case farmaceutiche come una controparte, ma piuttosto come alleati con i quali costruire un percorso di buone pratiche con il fine di portare al letto del paziente le cure più efficaci ed innovative.

Questo cambio di approccio sta già avvenendo nel resto d’Europa. Avviene in altre che in questo percorso sono più avanti, penso a Francia, Germania, Spagna, persino la Grecia.
Servono protocolli condivisi tra le regioni, omogeneità nelle cure, uno sforzo di partnership pubblico privato per affrontare la complessità di una sfida che è la lotta contro i tumori.

L’OBIETTIVO FINALE è dare rapidamente ACCESSO AI PAZIENTI ONCOLOGICI la possibilità di beneficiare DI TERAPIE INNOVATIVE.
Ciò che non possiamo perdere di vista è il traguardo finale: IL PAZIENTE AL CENTRO. Il paziente al centro delle politiche sanitarie.

Antonio

INTERVISTA PER SENATO TV

 
INTERVISTA PER SANITA’ INFORMAZIONE

 

ECCO ALCUNI SCATTI DEL CONVEGNO