Cari Amici,
vi scrivo da Palazzo Madama dove ieri è ripresa l’attività parlamentare.
Il rientro a Roma, ieri mattina, dopo un weekend molto intenso in Veneto dove sabato ho partecipato all’inaugurazione del nuovo centro logistico del Sacchettificio Corazza Spa a Ponte San Nicolò (Pd), una realtà imprenditoriale di riferimento, nel settore, non solo a livello nazionale ma anche in tutta Europa.
, mentre sabato mattina nella splendida cornice dell’Orto botanico di Padova ho preso parte al convegno “Non solo 8 marzo: l’empowerment delle donne e gli obiettivi dell’Agenda 2030”: un’occasione per riflettere sulla necessità di colmare un gap tra uomini e donne, partendo dai divari sulle retribuzioni salariali, ad esempio.
Al centro del dibattito politico, questa settimana, due temi.
In Aula, in Senato, nel corso del questione time, giovedì scorso, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto che “serviranno ancora mesi” prima di tagliare il traguardo dell’AUTONOMIA. Le parole del presidente Conte non lasciano molti dubbi: la strada è in salita.
RINVIARE L’OBIETTIVO DELL’AUTONOMIA E’ UNA SCONFITTA PER TUTTI.
Il problema vero è se si rinvia per fare le cose fatte bene o, al contrario, come credo, solo perché i due azionisti della maggioranza parlano su questo tema due lingue differenti e incompatibili tra di loro. In attesa di leggere i testi, la nostra richiesta al Governo è di non annacquare l’autonomia. Uno dei punti più importanti è l’assegnazione delle risorse che non può avvenire sulla base della spesa storica ma sulla base dei costi standard. Questo obiettivo è importante e raggiungerlo equivale a porre un pilastro fondamentale dell’autonomia delle regioni, una sfida che – ribadiamo – non riguarda solo il Nord ma va accolta anche dal Sud, come dimostra la richiesta, ad oggi, di 9 regioni sulle autonomie.
AUTONOMIA VUOL DIRE RESPONSABILITA’.
Torniamo a parlare di TAV VENETA.
Facciamo una breve cronistoria.
GIUGNO: Si insedia il Governo Conte.
LUGLIO: il sottosegretario ai trasporti Dell’Orco (M5s) annunciava: Lo stop era nel nostro programma.
OTTOBRE: nel DEF (Documento di economia e finanza) si sancisce: il prosieguo dell’opera è vincolato al responso dell’analisi costi-benefici.
GENNAIO: il ministro Toninelli: analisi costi benefici entro febbraio.
Siamo al 25 febbraio. Da giugno ad oggi è tutto bloccato. Il problema non riguarda solo la Torino Lione ma anche l’Alta velocità Brescia Padova o cosiddetta Tav Veneta.
Da giugno ad oggi, infatti, RFI non ha potuto elaborare nulla in quanto tutto è bloccato. Il progetto è pronto – un accordo da 1,6 miliardi per costruire il primo lotto, un tracciato ferroviario di 48 km — ma i cantieri sono fermi ai blocchi di partenza. L’azienda appaltatrice, da quanto ci risulta, ha persino ricevuto un acconto pari al 10% dell’ammontare, ovvero 160 milioni. Per il tratto tra Verona e Padova non c’è ancora un progetto esecutivo ma uno studio di fattibilità: il costo stimato è di 5,4 miliardi. La tratta Brescia Padova rientra nel V corridoio europeo o Corridoio Mediterraneo è nato nel 2003: il progetto comunitario prevede la costruzione di un’unica grande tratta ferroviaria ad alta velocità che unisca il Sud della Spagna fino all’Ucraina , passando dalla Francia e dall’Italia appunto
Cosa vuol dire fermare la Tav Veneta?
Uno stop equivale a un colpo mortale per l’economia del Veneto e di tutto il Nord est che oggi crescono grazie all’export.
Se scatteranno le penali quali saranno i costi che l’Italia dovrà sostenere?
Secondo alcuni calcoli, il recesso dal contratto costerebbe 800 milioni per una tratta che ne vale 1600. E consideriamo che se anche la situazione si dovesse sbloccare domattina, servirebbero almeno 7-8 anni per completare la Tav Brescia Verona.
Quanto vale la Tav veneta?
La Tav veneta, secondo alcuni calcoli di Confindustria Veneto, pesa per il 3% del Pil regionale. In altre parole, se il Pil veneto si aggira intorno ai 160 miliardi di euro, il ‘valore’ della Tav sfiorerebbe circa 5 miliardi di euro.
Quali sono i rischi che il Veneto corre se si dovesse bloccare questa opera?
Il rischio, per il Veneto, è di essere esclusi dai principali traffici internazionali. Cito uno studio del CIPE di 8 anni fa. Considerando le differenze delle linee ferroviarie tra Italia e Nord Europa, le nostre aziende sono penalizzate con maggiori costi per la logistica fino all’8%. Come Veneto siamo disconnessi dal resto d’Europa, sia nella traiettoria Nord/Sud che in quella Est/Ovest.
Su autonomia e Tav veneta, il Veneto chiede FATTI CONCRETI, NON CHIACCHIERE.
OPPORTUNITA’.
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Vi ringrazio per l’attenzione.
Buona settimana !
Antonio De Poli