Cari amici,
stamani sono intervenuto in Aula a Palazzo Madama in dichiarazione di voto sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre. Ecco il testo integrale del mio intervento:
Gentile Presidente, Onorevoli Colleghi,
stamane in Aula abbiamo ascoltato con molta attenzione l’intervento del Presidente Meloni in vista del prossimo Consiglio europeo di giovedì e venerdì.
Parliamo del primo Consiglio Europeo di questa Legislatura che, non possiamo nascondercelo, è molto delicato, soprattutto alla luce delle crisi internazionali che stiamo vivendo (Ucraina e Medio Oriente in primis) e del contesto internazionale, caratterizzato da una frammentazione geopolitica e geo-economica, dalla quale nessuno di noi può e deve prescindere.
Tutte queste sfide meritano la massima attenzione da parte di quest’aula.
Ma prima di esaminare nel merito i temi e la nostra posizione, lasciatemi sottolineare con orgoglio un aspetto che non possiamo ignorare: questo Consiglio inaugurale della nuova legislatura guidata da Ursula Von Der Leyen, sancisce una centralità dell’Italia che nemmeno le polemiche possono offuscare. Una centralità che sarà fondamentale per ridare nuovo slancio alle politiche europee, soprattutto in un momento tanto travagliato. Dobbiamo orientare le politiche dell’Unione con grande autorevolezza, come sicuramente sarà possibile attraverso il lavoro del Commissario e vice Presidente dell’Unione Raffaele Fitto, al quale rinnovo i miei auguri di buon lavoro.
Una nomina, la sua, alla quale tutta la famiglia popolare europea ha lavorato fin dall’inizio, con tenacia e lungimiranza. Questa scelta ha consentito di dare certamente un peso enorme al nostro Paese, ma ha a sua volta dato una forte impronta a tutta la Commissione attraverso l’esame del Parlamento che ha deciso di ratificare la nomina, rispecchiando in pieno il sentire dei cittadini europei espresso attraverso il voto lo scorso giugno.
Lei, Presidente Meloni, come ha indicato qualche giorno fa il sito Politico.eu, è il leader europeo che gode di maggiore fiducia. È un dato che dà ragione al Governo di centrodestra, che ha saputo seguire con determinazione, fin dall’inizio del suo insediamento, un approccio pragmatico e non ideologico rispetto alle politiche dell’Unione.
Ma è anche una grande responsabilità, che tutta la maggioranza deve sostenere. Parlo di responsabilità non a caso: in questo momento molti Paesi europei affrontano crisi politiche interne che ne depotenziano la leadership.
Ma come sappiamo in politica i vuoti non possono e non devono esistere e quindi all’Italia, il Paese più stabile di tutta l’Unione, va il grande compito di orientare i processi in atto, in virtù delle idee innovative che stiamo portando avanti e che rappresentano certamente un cambiamento sostanziale per le dinamiche fin qui espresse in Europa e sugli assi Atlantico e Mediterraneo.
Quello italiano è un metodo che guarda alla realtà, concentrato sulle risposte da dare senza indugiare in “barocchismi” e senza ipocrisia.
Un metodo che riavvicina i cittadini alle istituzioni europee, poiché la coerenza e la chiarezza delle scelte sono essenziali per ridare il necessario primato alla politica in un’epoca di grande disillusione e disaffezione.
Questo è e dovrà essere l’approccio vincente per il futuro. Lo sarà a maggior ragione in una geografia europea che, con le crisi politiche di Francia e Germania, vede l’Italia essere un solido punto di riferimento per i partners in ambito internazionale, in primis ma non solo, con gli Stati Uniti.
L’Italia ha acquisito credito anche e soprattutto all’estero. Quel capitale di credibilità– legato a un convinto atlantismo e alla lealtà verso tutti i nostri storici partners -; quel capitale di affidabilità – legato anche e soprattutto al coraggio di fare delle scelte di politica economica a salvaguardia dei conti pubblici – oggi non può e non deve essere sprecato.
Ciò che noi auspichiamo è che, proprio partendo da questo patrimonio di affidabilità e di credibilità, ci siano le premesse per dare un nuovo impulso all’Europa, mettendo in campo iniziative in grado di sciogliere nodi come quello storico della difesa comune e militare, che da troppo tempo vengono solo agitati, senza essere affrontati con decisione.
Il rafforzamento e la resilienza dei sistemi di difesa europei serviranno per consolidare il ruolo dell’Unione proprio in vista di scenari internazionali profondamente mutati.
Nei giorni in cui si svolgerà il prossimo Consiglio UE ricorreranno i 50 anni dalla prima riunione di questo importante organismo comunitario. Per certi aspetti, parliamo della “preistoria” dell’Europa. Il mondo è cambiato, l’Europa anche. Davanti alle nuove sfide non possiamo utilizzare soluzioni superate dalla storia.
Lo ha evidenziato qualche giorno fa anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: una difesa europea non è più rinviabile.
Ecco perché serve, secondo noi, da parte dell’Europa un doppio ruolo. Da un lato, un ruolo di mediazione politica per risolvere le crisi attraverso il peso diplomatico e il dialogo, che portino a disinnescare le attuali criticità, ricercando un quadro di stabilità nelle aree interessate e coinvolte dagli attuali conflitti; dall’altro lato serve – in parallelo – investire sul know how e sull’impegno economico nella ricostruzione e nel rilancio di Paesi fortemente provati dalle recenti guerre.
Il nostro impegno in Ucraina e in Palestina, in tal senso, costituisce un esempio importante.
La pandemia ha cambiato il paradigma dell’Unione Europea. Il modello del NEXT Generation EU ci ha insegnati che restando uniti e resilienti riusciamo a vincere le grandi sfide, soprattutto quelle più difficili.
L’Europa deve rafforzarsi nella sua unità, con una politica estera e di difesa comune.
Questi sono gli obiettivi principali da conseguire: costruire una nuova prospettiva e una nuova visione dell’Europa, consapevoli che un’Unione più solida è garanzia di democrazia e – lasciatemi aggiungere – soprattutto di pace a est, come nel Mediterraneo, dalla Palestina alla Siria, passando per il Libano dove il lavoro dei nostri militari impegnati nelle missioni è e resta cruciale.
Ma l’Europa ha un ruolo storico ancora più ampio, che ci proietta in scenari sempre più globali e multipolari nei quali non possiamo essere illustri comprimari. L’Europa deve essere guida egemone e autorevole. Favorire, ad esempio, la de-escalation in Medio Oriente è dirimente per interpretare questo ruolo di protagonisti di pacificazione dell’area che fin dalla seconda metà del secolo scorso ci compete.
Ho condiviso molto un passaggio del suo intervento, quando ad un certo punto ha parlato di “missione dell’Europa”. Io aggiungerei una “nuova missione dell’Europa”, capace di superare i dogmi del passato per aderire con linguaggi nuovi ed efficaci alle sfide del domani. Una funzione certamente complessa, ma che abbiamo il dovere di portare a termine.
E ancora, una delle questioni da lei affrontate è quella dei migranti.
Come per tutto l’impianto del mio discorso, anche qui, mi tocca riconoscere e sottolineare la responsabilità enorme che grava sull’Italia: quella di avere la forza di rendere finalmente comunitario il problema dei migranti. Dobbiamo dialogare con gli Stati dai quali arrivano i flussi principali, dobbiamo fare sponda come succede in Africa con il Piano Mattei, dove accordi bilaterali e investimenti camminano di pari passo.
E ancora cruciale è il sostegno al popolo ucraino, al quale non faremo mai mancare il nostro leale appoggio, poiché è una questione di coerenza e serietà, due concetti che mal si conciliano con calcoli elettorali furbeschi e mal fatti. E poiché al pari delle questioni fin qui esaminate, non può essere messo in secondo piano dalle nostre istituzioni comunitarie. Molta della nostra credibilità si misurerà da come decideremo di affrontare nei prossimi mesi questa crisi, anche impegnandoci nella ricostruzione.
Cari colleghi, mi avvio alla conclusione, non possiamo permetterci di sacrificare sull’altare della propaganda questioni che sono cruciali e decisive per il futuro della nostra Europa e di ciascuno noi.
Di questo noi italiani siamo ben consapevoli. … in virtù del nostro ruolo di Paese fondatore dell’Unione, che Aldo Moro definì “Il luogo dove le Nazioni imparano a diventare più grandi, senza perdere la loro anima”.
La nostra Italia, a prescindere dai colori politici di chi siede oggi in quest’Aula, non può smarrire e non deve smarrire la propria anima europeista. Se lo facessimo, non faremmo un torto a questo Governo, a questa maggioranza ma faremmo un torto, gravissimo all’Italia e agli italiani! Alla nostra Storia!
Fermiamo il treno delle faziose strumentalizzazioni di parte. L’orizzonte di fronte al quale ci troveremo a lavorare nei prossimi mesi ci impone di ammainare le bandiere di partito e di rilanciare, tutti insieme, un nuovo spirito comunitario.
Sarebbe solo da irresponsabili fare propaganda su questi temi.
Per queste ragioni, a nome del gruppo Civici d’Italia – UDC – Noi Moderati – MAIE annuncio il voto favorevole del nostro gruppo alla risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo.
Vi ringrazio
Sen. Antonio De Poli
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INTERVENTO IN AULA