Covid-19, negato il bonus di 600 euro ai lavoratori autonomi invalidi – Corriere.it

Covid-19, negato il bonus di 600 euro ai lavoratori autonomi invalidi

I rappresentanti di malati di tumore, portatori di handicap e malattie rare chiedono che vengano eliminate le discriminazioni per liberi professionisti «malati e invalidi», ad oggi esclusi dal «reddito di ultima istanza»

 

Covid-19, negato il bonus di 600 euro ai lavoratori autonomi invalidi
shadow

In Italia vivono circa 3 milioni e 400mila cittadini dopo la diagnosi di cancro. Un milione è considerato guarito e ha la stessa aspettativa di vita della popolazione generale, ma agli altri servono cure, esami e visite costanti o perché sono attualmente in cura (un milione e 190mila) o perché convivono con un tumore che è stato «cronicizzato».Indipendentemente dallo stato della neoplasia, poi, sono oltre un milione i connazionali colpiti dalla malattia in età lavorativa, tutelati con leggi e sussidi che li assistono. Ma nell’attuale formulazione dei decreti emessi dal Governo per contrastare l’emergenza Coronavirus, in particolare nelle norme istitutive del cosiddetto «reddito di ultima istanza» (bonus di 600 Euro), la categoria dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti «invalidi» viene discriminata, come spiega al Corriere Elisabetta Iannelli, avvocato e segretario generale della Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO).

Perché e in che modo le partite Iva invalide vengono penalizzate?

«Il bonus di 600 Euro (decreto legge “Cura Italia” 18/2020 art. 44, decreto 28/3/2020 Catalfo-Gualtieri e decreto legge “Liquidità” 23/2020 art. 34) viene riconosciuto ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti “sani” che hanno subito un danno economico a causa del lockdown, mentre sono esclusi i lavoratori autonomi e i professionisti “malati e invalidi” che, grazie ai contributi da loro stessi versati, hanno una “pensione o assegno” d’invalidità – precisa Iannelli, che è anche vicepresidente di AIMaC (Associazione Italiana Malati di Cancro parenti e amici) -. Non si tratta di pensionati, ma di disabili o invalidi che lavorano e traggono dal lavoro il loro sostentamento. Eppure, di fronte alla diminuzione di introiti causata da Covid-19, a parità di condizioni la tutela “di ultima istanza” è negata in modo discriminatorio proprio ai lavoratori in condizione di maggiore fragilità, privi di altri ammortizzatori sociali o strumenti di garanzia giuridico-economica come la cassa integrazione o la disoccupazione di cui fruiscono i lavoratori dipendenti».

Cosa accade ai liberi professionisti e ai lavoratori autonomi con un tumore?

«Succede che gli enti previdenziali cui sono iscritti (casse professionali o gestione separata INPS) negano l’accesso al bonus 600 euro a questi lavoratori perché già titolari di assegni o pensioni di invalidità parziale. Questi assegni, però, derivano da contributi versati in precedenza e costituiscono un’integrazione del reddito professionale già ridotto a causa della diminuita capacità lavorativa dell’invalido e servono a sostenere i costi causati da patologie che rendevano già meno “redditizie” le attività lavorative svolte prima dell’attuale fase di lockdown. Non costituiscono quindi né sostentamento né ristoro delle perdite attuali».

Qual è l’iniziativa messa in atto da Favo e altre associazioni?

«Favo insieme a FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità), AIL (Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mielomi) e UNIAMO (Federazione delle Associazioni di Persone con Malattie Rare) ha promosso e sottoscritto una lettera aperta al Governo perché intervenga in modo tempestivo e dirimente affinché questa palese ed inaccettabile forma di discriminazione venga rimossa.La forte e congiunta rappresentanza costituita dalle più rilevanti realtà federative nazionali che tutelano i diritti delle persone disabili tra cui quelle malate di cancro e di altre gravi patologie, è di per sé significativa del comune sentire verso questa ingiusta forma di discriminazione.Sono in atto anche altre iniziative che vanno nella stessa direzione e che sono state poste in essere da gruppi di liberi professionisti, come ad esempio gli avvocati che hanno raccolto centinaia di firme e scritto alle istituzioni governative e parlamentari».

Cosa chiedete in concreto? Quali sono le vostre proposte?

«Per risolvere il problema si dovrebbe inserire, in sede di conversione in legge del DL Liquidità, un emendamento che fornisca una corretta interpretazione del disposto normativo. Bisogna, in pratica, chiarire che il bonus è incompatibile con la pensione “di anzianità o di vecchiaia” e non con la pensione o assegno “di invalidità”, potendosi supporre che i titolari di trattamenti di quiescenza (anche se svolgono attività residue) traggano il loro sostentamento dalla pensione ottenuta a conclusione di una carriera e pertanto non siano danneggiati dalla riduzione delle attività eventualmente ancora condotte da “pensionati”, diversamente dai lavoratori autonomi e liberi professionisti in attività al momento del lockdown».
Intanto il senatore Udc Antonio De Poli ha fatto sapere di aver accolto la lettera aperta delle associazioni: «Chiedo al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri di correggere immediatamente la norma che è in contraddizione con i principi della nostra Costituzione. Il governo ascolti le istanze delle fasce più deboli della nostra popolazione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA