Cari amici,
oggi in Senato si è tenuta una conferenza stampa da me promosso dal tema CUORE ARTIFICIALE ITALIANO. Una sfida possibile.
Erano presenti il Ministro della Salute Orazio Schillaci, Serafina Valente (Università di Siena) , Vincenzo Tarzia (Cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliera dell’Università di Padova) e il prof. Gino Gerosa (direttore di Cardiochirurgia all’Azienda ospedaliera dell’Università di Padova).
La storia – si sa – è fatta di date.
Di tappe, di traguardi appunto.
La stessa regola vale anche per la storia della Cardiochirurgia italiana che, a Padova ma non solo ovviamente, ha avuto dei protagonisti importanti.
Correva l’anno 1985.
Nella notte fra il 14 e 15 novembre, a Padova, quasi 40 anni fa, il primo storico trapianto di cuore in Italia effettuato dal grande professor Vincenzo Gallucci, a cui fra l’altro viene poi intitolato il Centro di Cardiochirurgia di Padova.
Quest’anno: 2023.
Esattamente l’11 maggio 2023, la cardiochirurgia italiana conquista un altro grande primato, grazie all’impegno del prof. Gino Gerosa, professore ordinario di Chirurgia Cardiaca e direttore dell’Unità operativa di cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliera di Padova e del centro trapianti Vincenzo Gallucci, è stato effettuato il primo trapianto al mondo da un paziente in morte cardiaca, di un cuore fermo da venti minuti.
E’ un traguardo che apre nuove frontiere nella Medicina.
Secondo alcuni studi, la possibilità di prelevare il cuore da donatore cadavere, a cuore fermo quindi, potrebbe portare ad un incremento del 30% nel numero dei trapianti in Italia.
La cardiochirurgia, dunque, è in evoluzione.
Dobbiamo dare una risposta a quei pazienti che hanno bisogno di un cuore.
Sono i numeri a dircelo, le cifre fotografano un quadro che, purtroppo, non è roseo.
Attualmente le richieste di trapianto superano, di molto, la disponibilità.
Nel 2020 sono stati 238 i trapianti eseguiti, mentre i pazienti in lista d’attesa sono 670.
Parliamo di 1/3 delle richieste soddisfatte.
Attualmente il tempo medio di attesa (per il trapianto di un cuore) è di circa un anno e mezzo e purtroppo circa il 20% dei pazienti non riesce ad arrivare al giorno del trapianto.
La morte cerebrale post-traumatica (anche grazie fortunatamente all’obbligo dell’uso del casco) si è quasi azzerata o comunque è fortemente diminuita.
Questo processo appena descritto fa sì che ci siano sempre meno cuori da poter trapiantare.
FATTO SALVO CHE LA MIGLIORE SOLUZIONE RESTA IL TRAPIANTO DI ORGANI DA DONATORE UMANO, sia per aspettativa che per qualità di vita: il 95% dei trapiantati torna a lavorare dopo un anno dall’intervento e il 50% dei trapiantati sopravvive oltre i 10 anni dall’intervento, APPARE EVIDENTE L’IMPORTANZA DI INVESTIRE SULLA RICERCA IN QUESTO CAMPO.
Parliamo di cuore artificiale totale italiano.
Secondo noi, è importante che l’Italia riesca a sviluppare il progetto di ricerca per un cuore artificiale totale
Per fare questo servono risorse umane, insomma cervelli – e questi all’Italia non mancano – ma servono anche e soprattutto finanziamenti.
Le istituzioni possono e debbono fare la propria parte.
Bisogna sicuramente fare rete perché le partite più importanti – come ci ha insegnato iL Covid – si vincono facendo squadra.
Quindi fare ricerca, in questo campo, vuol dire aprire nuove possibilità e creare una prospettiva (futura) in cui sarà possibile SALVARE ALTRE VITE UMANE.
QUESTO È E CREDO DEBBA ESSERE L’OBIETTIVO DI TUTTI .
Ed è la ragione per cui ho fortemente voluto in questo tavolo, oltre agli addetti ai lavori – che lavorano quotidianamente nelle corsie degli ospedali- anche il Ministro della Salute Schillaci
Antonio
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