Antonio De Poli, 57 anni, ha postato su Fb la foto dell’abbraccio alla neo-presidente di Palazzo Madama e annuncia che il suo gruppo, l’Udc, ha aderito a Forza Italia che con 61 senatori diventa il secondo gruppo dopo il M5S e prima della Lega.
Senatore De Poli, questa è una scelta obbligata o l’inizio di una nuova fase?
«Forza Italia e Udc hanno siglato un patto federativo sul modello del Ppe di Bruxelles. I risultati del voto ci hanno consegnato un’Italia spaccata in due. Mentre il Sud è stato travolto dall’onda della protesta, al Nord ha prevalso la proposta politica del centrodestra che ha saputo intercettare tutto quel mondo produttivo economico e sociale che è centrale per il futuro del Nord Est come locomotiva per il Paese».
L’obiettivo è non sparire?
«Per costruire il Ppe italiano serve una forza nuova, noi saremo la start up del centrodestra. Al centro del programma i contenuti qualificanti, a cominciare da fisco, sburocratizzazione, giovani lavoro e famiglia, giustizia, sicurezza e immigrazione e centralità della persona. L’obiettivo recuperare la vocazione maggioritaria, senza la quale non c’è governabilità ».
Lei dal 2013 al 23 marzo 2018 ha ricoperto l’incarico di “questore anziano” del Senato con il presidente Pietro Grasso: che eredità lascia alla Casellati?
«Palazzo Madama ha le lampade green, con i led. E’ uno dei piccoli-grandi miracoli della riorganizzazione con forti risparmi. Su un bilancio di 540 milioni, 250 dei quali in stipendi e previdenza, abbiamo tagliato 222 milioni nella legislatura. E installato un pannello fotovoltaico che ci consente di azzerare la bolletta elettrica del Senato. Poi sono state acquistate 4 auto elettriche, (Renault Zoe) e altre 3 ibride per ridurre sprechi ed emissioni nell’ambiente».
L’efficienza del Nordest ha contagiato i palazzi romani?
«Restiamo con i piedi per terra: il Senato paga i fornitori entro 30 giorni, come in Danimarca e meglio dell’Olanda e della Norvegia. La media italiana è di 95 giorni per la Pubblica amministrazione. L’altra grande rivoluzione è quella digitale: Palazzo Madama ha la tecnologia cloud e con il Portogallo siamo un modello per l’Europa. Da qualsiasi postazione esterna si può accedere alla propria “scrivania virtuale” con un risparmio di 2,2 milioni di euro. Oggi gli atti parlamentari non sono più stampati, con un taglio della spesa di 4,6 milioni di euro. E la sforbiciata al ristorante è di 700 mila euro: i contributi ai pasti dei senatori sono tagliati per sempre».
La legge elettorale è sommersa dai ricorsi, lei che ne pensa?
«Il Rosatellum ha bisogno di un tagliando, le pluricandidature e il flipper regionale hanno creato un sacco di problemi. Ci vuole un premio di maggioranza per dare stabilità al governo e io sono per la preferenza».
In Veneto c’è grande attesa per il completamento della riforma costituzionale dell’autonomia regionale: cosa si può fare di concreto?
«Non c’è dubbio: oltre 2 milioni di cittadini hanno votato un referendum e chiedono maggiore autonomia al Veneto, questa è la priorità assoluta del nuovo Parlamento e noi gliela daremo». L’altra grande sfida è quella delle Olimpiadi 2026. Il Veneto ha lanciato la sua candidatura. «Non ci sono al mondo montagne più belle delle Dolomiti e dopo i mondiali di Cortina nel 2021, il Veneto e le province di Trento e Bolzano possono organizzare le Olimpiadi sulla neve nel 2026 senza distruggere il paesaggio. L’Italia deve tornare protagonista, lo sport è un grande fattore e di benessere e di sviluppo del turismo, un giusto coronamento del nostro ruolo strategico».