Antonio De Poli, ma quante volte si è candidato?
«Così, a bruciapelo, non me lo ricordo. Mi faccia fare mente locale e glielo dico».
Nell’Udc gliene daranno merito, quando c’è da mettersi in gioco lei non si tira mai indietro.
«Quando fai parte di una squadra e questa squadra ti chiede di dare una mano, di rappresentare i tuoi valori e i tuoi ideali, è difficile dire no, sarebbe ingiusto. Bisogna sacrificarsi e dare il massimo».
Chi le vuole male penserà: sacrificio sopportabile, se si viene candidati al Senato nel collegio di Padova, «blindato» per il centrodestra. «L’ho fatto anche quando di sicura c’era solo la sconfitta, come alle Provinciali del 2009 e alle Regionali del 2010. In entrambi i casi, dopo una battaglia di rappresentanza, io restai fuori. Però vennero eletti quattro nostri consiglieri nel primo caso e tee nel secondo».
«Non moriremo democristiani» scrisse un giorno Luigi Pintor. Ma i democristiani non muoiono mai.
«I valori democristiani non muoiono mai. E comunque l’ultima parola ce l’hanno sempre gli elettori, il nostro destino è nelle loro mani».
La Lega, che dovrebbe esserle alleata, non le sta dando una gran mano con i suoi, di elettori. Il segretario Gianantonio Da Re dice che per votarla all’uninominale dovranno turarsi il naso e pensare: «Mi sto sacrificando per il bene del Carroccio».
«Dal referendum del 4 dicembre 2016 l’Udc ha fatto una scelta di campo precisa e inequivocabile: sta nel centrodestra. Chi non era d’accordo, come Pierferdinando Casini o Gian Luca Galletti, ha lasciato il partito e imboccato una nuova strada a sinistra, col Pd. Lo dimostra pure la scelta fatta in Sicilia, dove Musumeci è stato eletto anche grazie ai nostri voti. I malumori tra gli alleati ci sono, non lo nego, ma mi pare ce ne siano pure dentro la Lega, tra loro. È normale sotto elezioni. Poi si fa sintesi». Oggi si ricandiderebbe contro Luca Zaia con lo slogan «S-Lega il Veneto»? «Assolutamente no».
Ha cambiato idea?
«Quella candidatura va letta nel contesto di quegli anni, quando decidemmo di fare un percorso in solitaria, a testimonianza dei nostri valori. Ma non corsi col centrosinistra, corsi da solo. È diverso. In Veneto le opzioni per noi sono sempre state due soltanto: corsa da soli o col centrodestra. Mi trovi qualcuno che possa dire il contrario».
A proposito di valori, certo più prosaici, che percentuale vi accreditate alle elezioni?
«Sicuramente sopra il 3%, la soglia minima indicata dalla legge elettorale, ma pensiamo di poter arrivare oltre il 4%. Daremo una mano significativa, direi fondamentale, al centrodestra per riuscire a superare la soglia del 40% che significa andare a Palazzo Chigi e governare l’Italia da soli».
E sul piano politico?
«Con Forza Italia vogliamo creare una grande area “cattolica e laica” ispirata all’esperienza del Partito Popolare Europeo. È il progetto del futuro». L’anticamera del governissimo col Pd?
«Assolutamente no, come spiegavo prima, grazie a noi il centrodestra avrà la maggioranza in parlamento e governerà da solo».
E se non raggiungesse il 40%?
«È un’ipotesi che oggi non prendiamo in considerazione, non ne stiamo proprio parlando».
Lei ha ottime chance di tornare a Palazzo Madama. Con quali priorità?
«Senza accenti aristocratici, nel senso più umile del termine, vorrei essere l’ambasciatore di Padova a Roma. La città ha vissuto momenti di difficoltà in questi anni con le amministrazioni Zanonato, Bitonci e ora Giordani. Le va restituito il ruolo che le spetta e che la Storia le riconosce, quello di capitale del Veneto. Adesso siamo all’inseguimento di Verona… Padova ha bisogno di ripartire ed io sono aperto al dialogo con tutte le forze, dall’università alle categorie, disposte a lavorare in tal senso».
Dopo tanti anni di politica, che ne pensa dei cinque Stelle, che si fanno vanto di voler spazzare via i vecchi partiti?
«La competenza è all’origine del lavoro fatto bene. Può fare buone leggi chi non ha mai approvato una delibera? Sono i dilettanti allo sbaraglio, ma c’è poco da ridere»