Antonio De Poli

Intervista a Vox Veneto: «Sì al testamento biologico»

Il cattolico De Poli (Udc): «sì al testamento biologico»

A differenza di altre voci dell’area d’ispirazione cristiana, il leader del partito centrista è favorevole ad una legge: «ma dico no all’eutanasia»

Il senatore padovano Antonio De Poli è il presidente dell’Udc. Uno si aspetterebbe che da un partito cattolico ci fosse una contrarietà a priori a pensare ad una legge sul cosiddetto “fine-vita”. Molti, nel mondo cattolico, sono di quest’opinione. Perciò, come ha fatto rilevare la stampa veneta, ha destato qualche sorpresa leggere invece una sua disponibilità verso il testamento biologico. Purchè non contempli l’eutanasia.

Senatore, lei ha affermato: «Una legge sul fine vita si può fare se viene meno, come è accaduto purtroppo in commissione alla Camera, un muro di gomma da Pd e M5S su un tema che è molto delicato: come Udc siamo contrari al principio di autodeterminazione». Su quale principio potrebbe allora basarsi, una legge sul testamento biologico?
Bisogna legiferare sul fine-vita. E, siccome si tratta di un argomento molto delicato, sarà indispensabile trovare la giusta mediazione tra la tutela della dignità della vita e la necessità di realizzare la volontà del paziente.

In un’altra dichiarazione sostiene che «il medico non può trasformarsi in un esecutore materiale della volontà del paziente. Diciamo sì al testamento biologico, no all’eutanasia passiva». Significa che, come nel caso di Dj Fabo, dev’esserci un’azione precisa del paziente (nel suo caso, un morso all’interruttore), altrimenti non si può procedere?
C’è una grande confusione nel dibattito politico su eutanasia e testamento biologico. Bisogna dire con chiarezza una cosa, altrimenti rischiamo solo di fare disinformazione: eutanasia e testamento biologico sono due argomenti separati e distinti. Se approvassimo domani la legge sul testamento biologico, in Italia non potrebbe accadere quello che è accaduto in Svizzera con Dj Fabo. Dire il contrario vuol dire speculare su una vicenda personale e su una scelta che comunque va rispettata. Noi dell’Udc siamo contrari all’eutanasia o a derive eutanasiche. Siamo invece favorevoli al testamento biologico seppure con dei paletti ben precisi.

Pur con queste condizioni, politicamente la sua linea è d’apertura. E’ corretto?
La linea dell’Udc è chiara: no all’eutanasia, no al principio di autodeterminazione, sì al testamento biologico. Come partito, alla Camera, in Commissione Affari sociali, dove è stato esaminato il testo base del provvedimento sul testamento biologico, l’onorevole Paola Binetti ha condotto una battaglia a testa alta, insieme ad altri parlamentari di area cattolica, contro l’interruzione dell’idratazione e nutrizione, un punto su cui noi siamo assolutamente contrari.

Pensa che sui temi bioetici sia legittima una trasversalità all’interno dei partiti, in nome del voto di coscienza? Zaia, ad esempio, è a favore di una legge, mentre non risulta lo sia, quanto meno ufficialmente, la Lega.
Assolutamente sì. Sui temi etici, a maggior ragione, è comprensibile una trasversalità all’interno dei partiti.

Cosa ne pensa di molti cattolici che ritengono invece ingiusto legiferare? Perché non permettere una libertà, anche nell’ottica di un cattolicesimo liberale?
Parliamo di un argomento eticamente sensibile che, quindi, come dicevamo, è molto trasversale. Ieri è stato pubblicato dal Messaggero un sondaggio SWG secondo cui quasi 4 cattolici su 5 si dicono favorevoli al biotestamento e alla necessità che si legiferi su questo tema. Quanto alle istanze dei cattolici che noi esprimiamo in Parlamento, accenno solo alla posizione dei medici cattolici secondo cui l’autonomia decisionale del paziente deve incontrare la competenza professionale e non scontrarsi con l’autonomia e la responsabilità del medico. Il cuore del provvedimento sul biotestamento è l’art.3 che, per noi dell’Udc nella sua riformulazione è inaccettabile. Il legislatore, anzichè promuovere la relazione di fiducia tra medico e paziente, così la annulla. Al medico spetta il compito di essere al servizio della vita, non della morte come succede invece con l’eutanasia.

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