La sfida della sostenibilità

Cari amici,

oggi pomeriggio ho partecipato al terzo talking di Ingegnamoci per la città organizzato dall’ordine degli ingegneri di Padova dedicato alla sostenibilità sociale.

Io credo che si debba intendere la sostenibilità a 360 gradi. Non può esserci sostenibilità solo ambientale, se non c’è anche una sostenibilità sociale ed economica e viceversa. A volte possiamo pensare ad esempio ad un’opera per il territorio, che magari ha una sostenibilità economica e anche ambientale, ma magari è destinata a provocare diseguaglianze dal punto di vista sociale.  Cito un dato ma è solo un esempio. Qualche mese fa è stato realizzato un sondaggio da Ipsos Italia per il Corriere della sera: è emerso che i cittadini associano spontaneamente il termine sostenibilità al modello di sviluppo, all’ambiente e all’utilizzo delle risorse in proporzioni abbastanza equilibrate (all’incirca il 35%) mentre solo il 10% associa, in maniera immediata e diretta, il concetto al tema della sostenibilità sociale. Tutto questo ci fa capire quanto oggi sia importante parlare di sostenibilità.
I tre pilastri della sostenibilità – ambientale, economica e sociale – devono essere tutti e tre presenti e integrarsi fra di loro. Dunque è fondamentale che ci sia il giusto equilibrio, direi la giusta armonia fra questi tre aspetti.
Parto da una premessa. Innovazione e sostenibilità  – due concetti che sono estremamente legati fra di loro – costituiscono oggi due imperativi imprescindibili per lo sviluppo del territorio. L’innovazione, oggi più che mai, non riguarda solo le imprese e i processi produttivi, ma deve riguardare le nostre vite a 360 gradi, quindi anche il pubblico. Ecco perché è importante portare l’innovazione e la sostenibilità nei nostri territori ma per farlo bisogna, prima di tutto, conoscere i territori.
La sostenibilità deve tenere conto delle esigenze del territorio.
La sostenibilità ha una grande mission che è quella di connettere il territorio (che è fatto di edifici, strade, piazze etc) con la comunità (che è fatta di persone che vivono!). Ecco perché sono convinto che se ascoltiamo i bisogni dei Cittadini, superando anche pregiudizi ideologici, allora riusciremo a “connettere” il territorio con la comunità e allora certamente costruiremo una visione condivisa sul futuro della Città.  Al contrario, se non lo faremo, magari faremo l’opera più “bella” del mondo ma falliremo nella nostra missione.

In un mercato internazionale sempre più orientato al “green” è inevitabile la diffusione del concetto di sostenibilità.  Il settore dell’edilizia è quello sicuramente maggiormente coinvolto in questo dibattito. Certamente è doveroso individuare una soluzione, uno strumento che sia in grado di valutare il grado di sostenibilità. Altrimenti, il rischio è che tutto rimanga nel mondo delle buone intenzioni.

E’ un ruolo certamente centrale. Lo è per due ordini di motivi, credo. In primis perché voi  noi politici o amministratori o rappresentanti delle istituzioni possiamo avere le idee più originali e anche interessanti di questo mondo, ma poi le idee politiche più interessanti devono sempre essere tradotte in realtà concreta e, per farlo, a mio avviso, è necessario un confronto con i professionisti. Ecco perché ritengo che il confronto con l’Ordine sia un’occasione di crescita. In secondo luogo, come diceva giustamente Lei, l’innovazione e il cambiamento sono aspetti cruciali per realizzare la sostenibilità nei nostri territori. E voi Ingegneri siete i professionisti maggiormente coinvolti in questa rivoluzione digitale. Fra l’altro, ci tengo a sottolineare un dato: oggi il “sistema paese” cerca 14mila ingegneri, ma la metà non si trova!  In questo momento sono solo 7.000 quelli disponibili. Sono dati che sono stati diffusi di recente dal Centro studi del Consiglio nazionale degli Ingegneri. Questi numeri ci dimostrano quanto sia importante la vostra categoria professionale per promuovere la crescita dei nostri territori, nel segno della sostenibilità e dell’innovazione.

 

Parto con una premessa: oggi con le risorse del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) ci sono in gioco 40 mld nei prossimi 12 mesi. Queste risorse riusciremo a portarle a casa, a “metterle a terra” nei territori come si dice in questi casi, solo se riusciremo a ridurre i tempi di realizzazione delle opere. Ad oggi, secondo i dati della Banca d’Italia, servono quasi 5 anni (4,9) per realizzare un’opera in media in Italia. Sono tempi che non possiamo permetterci perché rischiamo di perdere il treno del PNRR.
Ecco, facendo un gioco di parole, direi che sono tempi non sostenibili.
Dunque bisogna trovare il modo semplice ed efficace di realizzare le opere, seguendo il cosiddetto modello Morandi, con tempi veloci, procedure certe e obiettivi precisi. In quest’ultimo anno, sono stati realizzati dei passi in avanti: penso ad esempio al Dl 77/2021 che introduce semplificazioni sulle procedure per le autorizzazioni ambientali (es. VIA), proroga al 20 giugno 2023 diverse misure contenute nel Dl 76/2020 (Decreto Semplificazioni) in materia, ad esempio, di affidamenti sotto e sopra soglia UE (prevedendo ad esempio la procedura negoziata e, ancora, la nomina di un responsabile unico del procedimento che ha la responsabilità di validare ciascuna fase progettuale e di esecuzione del contratto. Sempre lo stesso Decreto, fra l’altro, rafforza l’istituto dei poteri sostitutivi e di quello del silenzio-assenso. La ratio di questi interventi è di rimuovere gli ostacoli alla realizzazione delle opere.

Assolutamente sì, nel comparto dell’edilizia,  i rincari hanno riguardato molti materiali. Tutto questo ha un impatto negativamente molto importante sulla vita delle nostre imprese. Ecco perché, in questi mesi, ho posto con attenzione la questione all’attenzione del Ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini. Il Governo ha dato una prima risposta importante: nell’ambito del Decreto Aiuti – che è ora in esame in Parlamento, alla Camera, in prima lettura –  è stato previsto che i prezziari regionali per gli appalti pubblici siano aumentati del 20% e che le stazioni appaltanti possano aggiornare i costi. A tale scopo sono stati stanziati dal Governo 3 miliardi. Si tratta di un primo passo nella giusta direzione. Certamente bisogna fare di più. Inoltre, su base pluriennale, il Governo ha deciso di stanziare – come ha sottolineato il mese scorso il ministro Giovannini in audizione in Parlamento – 10 miliardi dal 2022 al 2026 per fronteggiare l’aggravio dei costi delle opere pubbliche, stimato intorno al 20%, a causa a dell’aumento dei costi delle materie prime. Aggiungo un aspetto che è legato al PNRR ma non c’entra con i rincari: c’è un problema di personale della Pubblica Amministrazione, anche e soprattutto nei piccoli Comuni. Lo ha denunciato più volte anche l’ANCE (Associazione nazionale comuni italiani) del Veneto. Anche nella nostra regione c’è una mancanza di funzionari e segretari comunali: sono figure essenziali per far “girare” la macchina amministrativa. Proprio di recente, sul tema, ho presentato un’interrogazione parlamentare al Presidente Draghi affinché il Governo individui le soluzioni necessarie per fronteggiare questa difficile situazione.

Oggi si parla spesso di smart city, di Città dei 15 minuti, che è capace di riorganizzare gli spazi urbani in modo tale che il cittadino possa trovare entro 15 minuti a piedi da casa tutto quello che gli serve per vivere: lavoro (anche in co-working), negozi; strutture sanitarie, scuole, impianti sportivi, spazi culturali e ricreativi. E’ un modello di città fruibile che certamente può migliorare la qualità della vita dei Cittadini. Rispondendo alla domanda posta, io credo che oggi sia doveroso investire sull’innovazione. Come dicevo prima, innovazione e sostenibilità vanno a braccetto. La Padova del futuro deve investire su nuove tecnologie, digitalizzazione e informatizzazione dei servizi e, al tempo stesso, a una riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. Dobbiamo guardare alla sostenibilità in maniera complessiva e non solo a quella ambientale. Il PNRR può essere un’occasione per investire sia sul recupero del patrimonio edilizio che  sulle infrastrutture di rete. Se dai servizi (come ad esempio la banda larga) alle aziende in termini di digitalizzazione le aziende non le fai scappare. Se recuperi il patrimonio edilizio in città (ad esempio creando luoghi di ritrovo e di socializzazione per i giovani universitari, ad esempio)  crei le condizioni per migliorare la qualità della vita. E’ solo un esempio: fra l’altro stasera qui insieme a noi c’è il Dott. Carlo Pellegrino, prorettore dell’Università con delega all’edilizia, che potrebbe darci spunti interessanti a tal proposito visto che Padova è anche una Città universitaria e con tanti giovani.


Anche in questo caso, se vogliamo dare una risposta vera a questa domanda, dobbiamo farlo non pensando solo a una faccia della medaglia: è chiaro che noi tutti, oggi, vorremmo sostituire le auto con le bici e ridurre l’inquinamento atmosferico. Ma poi dobbiamo chiederci: è sostenibile? Non solo dal punto di vista ambientale ma anche e soprattutto economico e sociale. Credo che sia giusto promuovere l’uso della bici ma non si può imporre, dall’oggi al domani, di imporre uno stile di vita “green” se non ci sono le condizioni per realizzare una mobilità sostenibile. Perché, altrimenti, il rischio è di desertificare il nostro centro-città con notevoli danni economici e sociali alle attività economiche (piccoli commercianti e artigiani), oltre che in termini di sicurezza visto che una città che non vive è una città anche meno sicura.
La sostenibilità, dunque, impatta anche sul rapporto tra Centro e Periferia che, a Padova, ha sempre avuto una certa importanza. E’ opinione condivisa da molti che, oggi, a Padova ci sia la necessità di migliorare il rapporto tra il centro-città e gli altri quartieri, soprattutto più periferici. Anche in questo caso bisogna trovare soluzioni al 100% sostenibili (dal punto di vista ambientale, ma anche economico e sociale). Ecco perché, nell’ambito del Piano sulla mobilità sostenibile, sarebbe il caso di valutare la realizzazione di parcheggi scambiatori, in modo tale che il cittadino possa raggiungere il parcheggio in bici o in auto propria, lasciare il proprio veicolo nel parcheggio con tanto di armadietto per casco nel caso della bici, e poi spostarsi con i mezzi pubblici per arrivare in Centro o viceversa. In altre parole, oggi quando parliamo di mobilità, dobbiamo pensare sempre di più a una maggiore intermodalità tra sistemi di trasporto pubblico e mezzo privato, investendo più risorse sulla mobilità elettrica, sui punti di ricarica di auto elettriche e ibride private, su tram e bus elettrici e, ancora, su car sharing e car pooling.

Padova è destinata a diventare una città sempre più metropolitana. Padova può ambire ad essere la capitale economica del Veneto. Come si dovrà espandere? Mi viene in mente la città di Milano che, fino a qualche anno fa, era una città grigia e cupa. Oggi, grazie alle straordinarie opportunità dell’EXPO, è diventata una città europea, moderna, a cui tutti guardano con interesse. Ecco, credo che Padova abbia le carte in regola per compiere questo stesso salto.
Per farlo serve certamente costruire una visione condivisa sul futuro della Città, anche a livello urbanistico. Per promuovere un’espansione urbanistica sostenibile, la città dei prossimi anni si dovrà sviluppare a mio avviso in due direzioni, a Est dove ci sarà un’importante “novità” urbanistica (il Nuovo Ospedale) e a Nord. A Est, oltre alla terza linea ferroviaria del tram che porterà al Nuovo Ospedale, ritengo importante la realizzazione del progetto del nuovo casello autostradale San Lazzaro, considerando che la nuova struttura sanitaria sarà frequentata, ogni giorno, da 7-8.000 persone, il collegamento ferroviario metropolitano tra la città di Padova e l’aeroporto Marco Polo di Venezia e, infine, l’idrovia Padova-Venezia, opera fondamentale per lo sviluppo industriale e che porterebbe benefici importanti anche in termini di sicurezza idraulica. Sul fronte Nord, invece, ritengo fondamentale il raddoppio della Strada del Santo (SR 308) e il potenziamento della SP47 Valsugana,  collegando entrambe le strade con la Superstrada Pedemontana veneta, che è un’arteria  fondamentale per le nostre imprese e il tessuto economico locale. La città di Padova ha bisogno di una rete della viabilità che sia integrata con le altre infrastrutture presenti per favorire gli sbocchi commerciali e, quindi, lo sviluppo e la crescita del tessuto produttivo locale, nei territori.

Certamente, come dicevo prima, bisogna pensare a una visione complessiva della sostenibilità. Per farlo serve avere un disegno, una visione di come immaginiamo la città che intendiamo lasciare ai padovani del futuro. Non ha senso realizzare un progetto fine a se stesso. Qualsiasi progetto, anche quello più bello e interessante, va inserito in un disegno più grande e complessivo. Se manca quello, è come costruire una casa dove non esistono i muri portanti o i pilastri. La seconda parola chiave – che è una conseguenza della prima – è programmazione. La politica – e qui faccio autocritica – troppo spesso, ha un respiro “corto”, una prospettiva di breve termine. Terza espressione chiave: il coraggio della scelta. Dopo avere fatto un percorso di condivisione coinvolgendo i portatori di interesse, bisogna avere il coraggio di assumersi le proprie responsabilità. Per realizzare gli interventi, si devono compiere delle scelte. Questa è a mio avviso la strada per raggiungere la sostenibilità: disegnare una prospettiva, programmare, scegliere.

Antonio

 

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