Cari amici
in questa mia intervista televisiva, a pochi giorni dal voto, ho voluto mettere a fuoco alcuni temi che, girando il territorio, sento con sempre maggiore forza. I veneti chiedono una cosa chiara: più attenzione alla persona.
Da qui partono tutte le nostre priorità.
Quando parlo di persona al centro, penso a quattro grandi pilastri: sanità e sociale, sicurezza, impresa e lavoro, infrastrutture. Accanto a questi, un elemento che da sempre fa parte del nostro DNA: l’autonomia.
Sanità, sociale e sicurezza: la prima richiesta dei cittadini
La prima grande preoccupazione che raccolgo è legata alla sanità e al sociale.
I cittadini chiedono:
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tempi più rapidi per visite ed esami,
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una presa in carico reale della persona,
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servizi sociosanitari territoriali più vicini alle famiglie, agli anziani, ai fragili.
La sanità veneta resta una eccellenza, ma oggi la percezione non è positiva: liste d’attesa troppo lunghe, difficoltà di accesso, mancanza di contatto diretto sul territorio. Questo significa che dobbiamo riprogrammare: ridare forza alla medicina generale, all’assistenza domiciliare, ai distretti, al rapporto di fiducia tra cittadino e sistema sanitario.
Accanto alla salute, i veneti chiedono sicurezza. Sempre più persone mi dicono di non sentirsi sicure nemmeno in casa propria. È un campanello d’allarme che la politica ha il dovere di ascoltare: servono più controlli, più prevenzione, maggiore presidio del territorio.
Piccola impresa, artigiani, commercianti, agricoltori: l’ossatura del Veneto
Un altro tema centrale è quello delle imprese, in particolare della piccola impresa: artigiani, commercianti, agricoltori, piccole aziende di famiglia.
In Veneto il 99,9% del tessuto produttivo è fatto di realtà di questo tipo.
Eppure, troppo spesso si trovano schiacciate da:
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burocrazia,
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incertezza normativa,
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mancanza di programmazione di lungo periodo.
Le imprese non chiedono assistenzialismo, ma regole chiare, tempi certi, fiscalità più leggera, una visione che guardi al futuro. La politica deve smettere di ragionare solo a corto raggio e tornare a programmare a 10, 20, 30 anni.
Autonomia: responsabilità, non slogan
L’autonomia non è uno slogan elettorale: è un modo di intendere la responsabilità.
Il Veneto ha già espresso chiaramente la sua volontà con il referendum. Oggi, con la pre-intesa tra Stato e Regione, è stato fatto un primo passo, importante.
Per me autonomia significa questo:
più competenze qui sul territorio = più responsabilità verso i cittadini.
Non si potrà più dire “è colpa di Roma”: saremo noi, come veneti, a doverci assumere fino in fondo la responsabilità delle scelte. Come hanno fatto i nostri genitori nel dopoguerra, ricostruendo aziende, famiglie e comunità partendo spesso da un garage o da uno scantinato.
Ma per farlo serve una cosa che non è sempre nel nostro carattere: fare squadra.
Altre regioni, quando si tratta di portare a casa risultati, fanno fronte comune. Anche noi dobbiamo imparare a farlo, andando oltre le appartenenze di partito quando è in gioco l’interesse del Veneto.
Una società che cambia: giovani, casa, anziani
Tutta questa riflessione si inserisce in un contesto in cui la società è radicalmente cambiata:
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denatalità: nascono sempre meno bambini;
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casa: per un giovane, oggi, comprare o anche solo affittare una casa è spesso un miraggio;
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anziani: abbiamo sempre più persone di 80, 90, 100 anni, con esigenze nuove e differenti;
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lavoro: i nostri ragazzi studiano in Veneto e poi se ne vanno all’estero perché qui non vedono prospettive;
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salari: c’è bisogno di intervenire anche sulle buste paga per ridare dignità al lavoro.
Per questo parlo di riprogrammare il Veneto:
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politiche abitative nuove, con modelli di social housing sia per i giovani che per la terza età;
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servizi pensati per una popolazione che vive più a lungo e vuole restare attiva;
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opportunità di lavoro qualificato che trattengano qui i nostri giovani;
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una sanità e un sociale capaci di accompagnare le persone in tutte le fasi della vita.
Sanità e sociale: perché sdoppiare di nuovo l’assessorato
Uno dei punti che ho sottolineato è la necessità di separare di nuovo l’assessorato alla sanità da quello al sociale.
Quando tutto è stato accorpato, il rischio è stato quello di perdere attenzione sul territorio: sulla prevenzione, sull’assistenza domiciliare, sui servizi alle persone fragili, sugli anziani e sulle famiglie.
Dividere di nuovo non significa creare confusione, ma ridare centralità al sociale e al sociosanitario territoriale, accanto alla sanità ospedaliera.
Chi si occuperà di questi settori dovrà farlo con competenza, ma anche con cuore: entrando davvero in quel mondo, capendone i bisogni, facendone parte. Solo così si può programmare bene.
Un centrodestra unito nei valori, un programma scritto nero su bianco
Nel corso dell’intervista ho ricordato anche un elemento politico importante:
in questa campagna elettorale ho visto una cosa che negli ultimi 10–15 anni non vedevo più con questa forza: la gente chiede i programmi, vuole sapere cosa proponi.
Per questo, come UDC, abbiamo scelto di presentare un programma scritto nero su bianco.
Molte delle nostre proposte in tema di salute, sanità, sociale sono state inserite tra le priorità del candidato presidente del centrodestra. Questo dimostra che:
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tra le diverse forze del centrodestra ci sono differenze,
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ma non ci sono divisioni sui valori di fondo e sugli obiettivi di governo.
È una differenza importante rispetto a un centrosinistra che spesso appare diviso sia sui programmi che sulle prospettive di governo.
Astensionismo: il vero pericolo
C’è però un rischio enorme che incombe su questa tornata elettorale: l’astensionismo.
Su questo non ci sono destra, sinistra o centro che tengano: riguarda tutti.
Il voto è l’atto di democrazia e libertà più importante che abbiamo come cittadini.
Non andare a votare significa rinunciare a decidere il proprio futuro e quello della propria comunità.
Per questo il mio appello finale, che ribadisco anche qui, è semplice e diretto:
Andate a votare. Andate a votare e votate bene.
Perché votare non è solo un diritto: è una responsabilità verso il Veneto di oggi e, soprattutto, verso il Veneto dei prossimi 20–30 anni.
Antonio