Cari amici,
oggi pomeriggio sono intervenuto in aula in dichiarazione di voto sulla mozione unitaria di contrasto all’omofobia. Ecco il testo integrale del mio intervento:
Signor Presidente, Onorevoli colleghi,
oggi è il 17 maggio, ricorre la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.
Da quest’Aula si leva un messaggio di giustizia e di equità sociale, credo senza precedenti.
Il 17 maggio è una giornata che ha un forte valore simbolico e storico.
33 anni fa, nel 1990, l’OMS – Organizzazione mondiale della sanità – rimuoveva l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.
ESSERE OMOSESSUALI NON È UNA MALATTIA.
ESSERE OMOSESSUALI NON È E NON PUÒ ESSERE NEPPURE CONSIDERATO UN CRIMINE.
In questo mio intervento vorrei richiamarmi alle parole di Sua Santità Papa Francesco che, più volte, nel corso del suo Pontificato HA RICHIAMATO LA CULTURA DEL RISPETTO DELL’ALTRO.
Ogni persona ha dignità.
Storica la sua prima frase pronunciata nel 2013 all’alba del suo pontificato “Chi sono io per giudicare?”.
A gennaio scorso abbiamo ascoltato tutti con profonda attenzione il suo appello per la depenalizzazione dell’omosessualità in tutto il mondo.
Nonostante siano passati, infatti, 33 anni da quel 17 maggio 1990, ANCORA OGGI 71 PAESI NEL MONDO HANNO LEGGI PUNITIVE CONTRO GLI ORIENTAMENTI SESSUALI.
IN UGANDA – ma è solo un esempio – 2 mesi fa, il 21 marzo 2023, il Parlamento ha approvato
una legge che punisce con 20 anni di carcere le persone che si dichiarano omosessuali e introduce la pena di morte in caso di determinati aggravanti.
Non solo Uganda, purtroppo.
In Africa, situazioni simili purtroppo si registrano anche in Mauritania, Sudan, Nigeria settentrionale, Somalia meridionale solo per fare alcuni esempi.
In Afghanistan, dopo il ritorno al potere dei talebani, vige la legge della sharia.
A causa della sharia i diritti delle persone vengono quotidianamente calpestati.
Morire schiacciati da un muro alto 3 metri o, in alternativa, essere lapidati.
È questa la pena di morte prevista.
Apro una breve parentesi.
A Kabul e in tutto il Paese, secondo le denunce di autorevoli fonti tra cui Amnesty international, il governo talebano ha messo in campo tutta una serie di misure contro le donne e persino le bambine: per loro è vietato andare a scuola, è vietato andare in palestra o negli hammam.
PER LORO, DONNE E BAMBINE, È VIETATO IN UNA PAROLA “VIVERE”.
Anche per le persone omosessuali, purtroppo, è ancora così.
I DIRITTI INALIENABILI
APPARTENGONO A TUTTI.
Ce lo dice a chiare lettere la nostra bellissima Costituzione.
Cito l’art. 3, a mio avviso l’articolo più bello della nostra Carta.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Nel primo comma si stabilisce il concetto di uguaglianza formale ma è il secondo comma – che introduce il concetto di eguaglianza sostanziale su cui mi soffermerò a breve – che è il “cuore” del principio che sta alla base di tutto:
LA PARI DIGNITÀ TRA LE PERSONE.
Ciascuno di noi ha attitudini diverse, talenti diversi.
Sappiamo innanzitutto di essere differenti.
Allora siamo davvero uguali? Questa è la domanda.
Assolutamente no. Ognuno di noi ha il proprio profilo originale, ha un bagaglio che va a influire nel percorso della propria vita.
L’UGUAGLIANZA TRA LE PERSONE È BASATA SUL VALORE DELLA DIGNITÀ.
LA PARI DIGNITÀ di cui parla la nostra Costituzione.
“Ogni persona è unica e irripetibile”.
“Occorre sviluppare gli anticorpi contro una cultura che considera alcune vite di serie A e altre di serie B”.
Siamo pronti?
Su certi temi, dobbiamo essere tutti uniti.
NON È IL TEMPO DELLA RETORICA STERILE.
Siamo per LA CULTURA DEL RISPETTO DELL’ALTRO, più volte richiamata dal Pontefice e in cui mi riconosco al 100%.
Questa cultura del RISPETTO DELL’ALTRO va tradotta in azioni concrete.
La parola chiave è proprio questa: “RISPETTO”.
Non basta infatti la sola tolleranza, SERVE IL “RISPETTO”, che significa riconoscere l’altro non come estraneo ma come parte di se stessi.
“RISPETTO” – ribadisco – perché nessuna appartenenza rinunci all’identità.
Ecco perché ho citato (volutamente) entrambi i commi del meraviglioso art. 3 della nostra Costituzione.
Perché il secondo comma di quell’articolo ci dice chiaramente che È COMPITO DELLA REPUBBLICA RIMUOVERE GLI OSTACOLI CHE IMPEDISCONO LA PIENA ED EFFETTIVA UGUAGLIANZA.
I DIRITTI SONO DI TUTTI, NESSUNO ESCLUSO.
Questo lo dico a prescindere dalle posizioni politiche e dai valori in cui noi crediamo fortemente come quello della famiglia e della maternità, ad esempio.
Temi su cui possiamo assumere, certamente, posizioni differenti.
QUESTA È LA NOSTRA CULTURA POLITICA.
E NE SIAMO FIERI.
SIAMO PER UNA MAMMA E UN PAPÀ.
NO a genitore 1 e genitore 2.
Ci schiereremo sempre e comunque CONTRO L’UTERO IN AFFITTO E CONTRO CHI PROMUOVE LA MATERNITÀ SURROGATA.
E’ un business, non è un diritto.
E’ un business che calpesta totalmente i diritti delle donne.
Al primo posto per noi c’è la tutela dei bambini.
Su questo punto – nel rispetto delle differenze – rivendichiamo con forza la nostra identità.
Questo non ci impedisce però di dire con forza che siamo contro la cultura dell’odio e dell’intolleranza.
CONDANNIAMO UN SOLO ORIENTAMENTO.
L’ORIENTAMENTO DI CHI DISCRIMINA.
Perché discriminare vuol dire costruire muri e seminare paura.
E NOI QUESTO NON LO VOGLIAMO.
Ecco perché oggi come Gruppo Civici d’Italia – UDC Maie Coraggio Italia voteremo convintamente a favore della mozione condivisa su questo importante tema.
Antonio De Poli
INTERVENTO IN AULA