Il “palazzo” costa meno dobbiamo concentrarci sul sostegno alle imprese

Senatore, che ricordo conserva di questi 5 anni a Palazzo Madama?
“E’ stata una legislatura molto intensa. Ricordo il giorno in cui mi sono insediato come Senatore a Palazzo Madama, dopo la mia elezione a questore, ruolo istituzionale che ha il compito di occuparsi del bilancio e delle spese del Senato. Grazie alle azioni di contenimento della spesa, abbiamo risparmiato 188 milioni di euro. Si può senza dubbio fare di più ma questi numeri ci dimostrano che, quando c’è la volontà politica, si può fare qualcosa di importante. Nel 2017 si abbassa allo 0,059% il rapporto tra il bilancio del Senato e la spesa statale. In pratica su 1000 euro spesi dallo Stato, Palazzo Madama ne spende appena 59 centesimi di euro. Sul fronte delle indennità e delle competenze accessorie per i Senatori, il Senato risparmia 37,2 milioni di euro rispetto alla dinamica tendenziale. Il rapporto tra spesa per indennità dei Senatori ed Entrate del Senato si è dimezzato, passando dal 19%, nel 2001, al 10% nel 2017”.

Quali risultati ottenuti per il nostro territorio?
“Sono stati anni molto difficili per il nostro territorio. Giorno dopo giorno ho seguito con attenzione l’evolversi del quadro economico e sociale. Penso al traguardo importante del riconoscimento da parte del Mise (ministero sviluppo economico) di Monselice come area di crisi non complessa. Ci sono altre situazioni che però non hanno ancora avuto le giuste risposte: penso ad esempio alla Strada regionale 10 che sta subendo notevoli ritardi”.

Quale invece i progetti che vorrebbe seguire in futuro?
“Credo che siano due i binari su cui, oggi, bisogna muoversi in maniera molto concreta: da un lato servono maggiori risorse e una migliore spesa sul fronte delle Politiche sociali e di contrasto alla povertà; dall’altro affrontare il nodo cruciale della crisi del credito perché la stretta creditizia è come uno tsunami che rischia di portarsi anche le imprese sane, che vogliono investire nell’innovazione per crescere. Industria 4.0 è uno strumento importante che sicuramente bisogna proseguire con maggiore forza nella prossima legislatura. Se aiutiamo le imprese, si crea lavoro e si sostiene la crescita”.

L’alleanza con Forza Italia e il centrodestra sarà riproposta anche a livello nazionale?
“Il modello Sicilia va riproposto a livello nazionale. In Sicilia l’UDC ha fatto una scelta di campo chiara e coerente con i nostri valori e la nostra identità. Abbiamo scelto la metà campo del PPE (partito a cui noi UDC apparteniamo in Europa insieme a Forza italia), mentre altri – che da noi si sono divisi – hanno scelto la metà campo opposta e cioè di giocare nel campo del PSE (insieme al Pd e al centrosinistra). Questa coerenza in Sicilia è stata premiata e sono certo porterà a buoni risultati anche alle Politiche”.

Da presidente UDC quale futuro vede per i moderati nel nostro Paese?
“Il termine ‘moderati’ non mi piace molto: preferisco parlare di cattolici, democratici cristiani. Il futuro dei democratici cristiani e dei cattolici in politica sta ancora nello Scudo crociato che, in tanti forse, pensavano fosse sparito e che oggi vogliamo riportare all’attenzione della politica per difendere quei valori (difesa della vita, dignità dei lavoratori, famiglia, piccole e medie imprese) che fanno parte del nostro Dna”. Cosa aspettarci dal risultato del referendum in Veneto? “I veneti ci hanno dato un mandato chiaro che va portato avanti fino in fondo, nella trattativa con il Governo, al di là dei colori politici. E’ una battaglia dei veneti, per i veneti”.

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