Prospettive attuali e future dell’uso delle Car-T in Italia

Questa mattina presso la Biblioteca del Senato ho partecipato ad un importante convegno promosso da Motore Sanità sulle prospettive attuali e future dell’uso delle Car-T in Italia, un argomento molto interessante che coinvolge diversi attori, le aziende farmaceutiche, i ricercatori, la politica, le istituzioni e, soprattutto, i pazienti.

Come sapete meglio di me, la rivoluzione delle Car-T era impensabile. E, invece, oggi, è realtà. Lo è per il trattamento dei tumori del sangue ma in futuro, grazie alla ricerca appunto, potrà essere una via d’uscita anche per altri tipi di tumore.

Qualche tempo fa, leggevo un articolo su La Stampa . La storia di Marco Ruella, l’unico medico italiano tra gli oltre 200 ricercatori sulla terapia innovativa dei Car t , che ha deciso nel 2012 di lasciare l’Italia e andare negli Stati uniti a fare ricerca.

Nel suo racconto della sua esperienza negli Stati Uniti mi hanno colpito alcuni aspetti. “All’Italia – racconta Marco Ruella – manca la sburocratizzazione, la velocità nei brevetti, l’entusiasmo di lavorare in un ambiente stimolante, un approccio ottimista”.

Il tema è molto noto a tutti.
Chi fa ricerca in Italia troppo spesso non è valorizzato. Qui potremmo aprire una parentesi ma evitiamo di farlo perché non è questa la sede. Mi riferisco alla fuga di cervelli, ai nostri talenti che, ogni anno, lasciano il nostro Paese per andare a lavorare all’estero.

Eppure Marco, nella sua intervista a La Stampa, ci tiene a dire una cosa: “non siamo secondi a nessuno”.

Ho fatto questa premessa perché tutto ciò di cui parliamo oggi – le Car T appunto – non sarebbe realtà se qualcuno non avesse investito sulla ricerca.

Entriamo nel vivo dell’argomento.

Il metodo con cui si affrontano malattie importanti come i tumori ma anche altre patologie è molto cambiato.
C’è sempre una maggiore personalizzazione delle cure che aumenta l’efficacia dei trattamenti.
Questo principio è alla base delle Car T che rappresentano una rivoluzione

 

Tutti, in questi mesi, abbiamo seguito da vicino l’evoluzione della terapia.

Cosa abbiamo riscontrato?

Certamente, la necessità di rendere più veloci alcuni processi, come dice Marco.

Perché gli altri Paesi, spesso, non fanno meglio di noi ma sono più veloci, sono più bravi nel valorizzare i nostri talenti.

Bisogna accelerare il processo di approvazione da parte di AIFA considerando il ritardo sulle CAR-T rispetto  a quanto fanno nel resto d’Europa.

Da settembre, come sappiamo, con un significativo ritardo, i pazienti possono accedere finalmente alle Car T.

Secondo le stime parliamo di un numero di pazienti compreso tra 500 e 600.

Il Governo ha stanziato 60 mln per le 6 officine farmaceutiche che produrranno le Car T, come ci ha comunicato un mese fa il Ministro della Salute Roberto Speranza nelle audizioni nelle Commissioni Sanità di Camera e Senato della Repubblica

Come sappiamo, l’AIFA ha adottato il sistema del payment by result (ovvero i rimborsi completi avverranno solo se il trattamento  ha funzionato)

Oggi, dopo il via libera dell’AIFA (Agenzia italiana del farmarco), bisogna accelerare l’introduzione dei prodotti commerciali CAR T con l’obiettivo – così come accade in altri Paesi – di poter trattare e curare i pazienti con conseguenti risparmi a livello di sistema sanitario nazionale

In concreto, cosa serve?

Bisogna assicurare le Car T ai pazienti ma bisogna farlo garantendo che questa cura venga diffusa in maniera uniforme in tutta Italia, da Nord a Sud.

Bisogna individuare presto le “fabbriche” di cellule Car T che diffonderanno questi trattamenti.

Bisogna individuare questi centri altamente specializzati, con un team adeguato. Come sappiamo, per gestire il paziente, bisogna fare controlli prima e dopo la somministrazione della terapia. La terapia richiede un elevatissimo grado di professionalità nei medici e operatori che saranno chiamati a impartirla.  Fondamentale sarà l’aspetto della formazione del personale.

Le Regioni, spesso, procedono con velocità differenti.
Ecco bisogna evitare proprio quest’Italia a due o tre velocità.
Parliamo di pazienti oncologici e quindi di cure importanti per la salute.

Sarà necessario lo scambio di informazioni tra i vari centri ospedalieri.

Serve un percorso di cura adeguato omogeneo, con una ‘regia’ a livello nazionale.

Come sappiamo – e mi avvio alla conclusione -, quando parliamo di farmaci innovativi e di nuove cure, si pone il problema dei costi.

In Italia la spesa per i farmaci anti tumorali è salita da 3,3 mld di euro nel 2012 a più di 5,6 mld nel 2018

Le Car T in Italia costano all’incirca 300.000 euro a paziente.

All’orizzonte, più in generale, si stanno profilando nuovi trattamenti che se realmente innovativi devono essere messi a disposizione dei pazienti. Servono risorse.

Ciò che serve è una profonda riorganizzazione della spesa farmaceutica.

Riorganizzazione significa far arrivare le cure che servono, anche più costose e innovative, ai pazienti che ne hanno bisogno.

Questo è fondamentale per garantire la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale e, di riflesso, per garantire il diritto alla salute che è riconosciuto dalla nostra Costituzione.

Antonio

INTERVISTA A MOTORE SANITA’

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