Il rapporto tra banca e impresa. Il microcredito

Il convegno sul rapporto tra banca ed impresa che si è tenuto a Caselle (Verona) è stata l’occasione per affrontare un tema importante, ovvero il rapporto tra banca e impresa.

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Proprio, qualche giorno fa, leggevo alcune considerazioni del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI: “senza lavoro non si campa – diceva Bassetti – , c’è bisogno di una maggiore sensibilità degli istituti di credito verso le imprese”.

Oggi il tema del finanziamento alle imprese è di stretta attualità.

I primi segnali della ripresa vanno incoraggiati anche e soprattutto attraverso il sistema del credito.

Noi – e la politica in generale – dobbiamo potere creare le condizioni migliori affinché il rapporto tra banca e impresa funzioni meglio, a beneficio anche della crescita economica di tutto il Paese.

Come tutti sappiamo, qui in Veneto abbiamo assistito al fallimento di due importanti istituti di credito del territorio: Veneto Banca e Popolare di Vicenza.

Il fallimento delle banche del territorio ha forse accelerato un’evoluzione inevitabile nella ricerca di nuove fonti di finanziamento da parte delle imprese.

Come quando a causa di una carestia o di una guerra il poco cibo a disposizione viene diviso tra tutti coloro che lo chiedono, così accade quando c’è una crisi.

Nel settore del credito il razionamento è una pratica “ingiusta” perché danneggia anche le imprese sane e non consente di distinguere tra chi ha potenzialità e chi non ne ha, tarpando le ali a chi potrebbe volare in alto.
Uno dei temi di cui si sta dibattendo molto in queste settimane è quello dei CREDITI DETERIORATI, ovvero i crediti per i quali la riscossione è incerta.

Ciclicamente succede che nei periodi di crisi si maturano i crediti deteriorati che, però, nei periodi della ripresa si recuperano.

L’Italia, così come tutti gli altri Paesi in Europa, lo sta facendo.  forse più lentamente ma lo sta facendo.

Non è un caso che il FMI (Fondo Monetario internazionale solleciti l’Italia a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario, condizione necessaria per la crescita del sistema Paese).

Si sono ridotte le sofferenze bancarie: nei primi 8 mesi del 2017 le sofferenze bancarie o crediti deteriorati si sono ridotti di ¼, passando dagli 86,8 miliardi di dicembre 2016 ai 65,3 di agosto.

Le aziende venete ricevono meno prestiti.

Lo dicono i dati.

Secondo la CGIA di Mestre, dal 2011 al 2017 meno 29 mld di euro di prestiti.

La provincia che ha subito la riduzione più importante è Treviso (-35%), a Verona i prestiti sono calati del 27,5% , -5,7 miliardi.

Il 4 Ottobre scorso la Vigilanza BCE ha reso note le nuove regole più stringenti sui crediti deteriorati.

La Banca centrale europea invierà nelle prossime settimane una lettera alle banche dell’eurozona in cui i piani di smaltimento dei crediti deteriorati (o sofferenze bancarie) non verranno giudicati soddisfacenti.

Sono parametri che ci preoccupano e hanno preoccupato legittimamente anche IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO ANTONIO TAJANI.

Tuttavia, è ora che la situazione è finalmente migliorata, le nuove regole della BCE rischiano di rappresentare un elemento di difficoltà.

Mi preme rilevare come da molte parti e soprattutto dal presidente del Parlamento europeo (oltre che autorevole rappresentante del PPE) Antonio Tajani sono giunte critiche molto forti rispetto a questo atteggiamento della BCE: si obietta che la vigilanza ha oltrepassato i limiti delle sue competenze.

Il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani ha scritto al presidente della BCE Mario Draghi affermando che un burocrate della vigilanza non può stabilire le nuove norme sui crediti deteriorati.

Allora noi diciamo intanto una cosa: bisogna evitare il conflitto istituzionale.

La BCE – ci auguriamo – non può contrapporsi e mettersi in contrasto con le indicazioni del Parlamento europeo e dell’Ecofin (Consiglio dei ministri dell’economia e delle finanze degli Stati membri UE).

L’unico modo per ridimensionare le forze populiste è affrontare alcune questioni fondamentali.

Una di queste riguarda il fatto che l’UE deve riprendersi le proprie responsabilità politiche.

 Chi deve stabilire le nuove norme sui crediti deteriorati? Questo ruolo spetta al legislatore quindi al Parlamento europeo.

Il controllo sugli istituti bancari lo fa BCE.
In altre parole, c’è un confine da rispettare tra vigilanza e potere legislativo.

E’ una questione se vogliamo di competenze ma che è giusto mettere in evidenza.

Usiamo una metafora.

L’arbitro (la BCE) ha il compito di far rispettare le regole ai giocatori (le banche), non di determinare la larghezza della porta.  Le regole deve stabilirle il Parlamento europeo. Il presidente Tajani non ha criticato i contenuti delle nuove regole della BCE ma il metodo, ovvero la forma, il fatto che a stabilire le nuove regole fosse la BCE e non il PE.

Oggi l’Europa sta tornando ad assumersi le proprie responsabilità politiche.

Bisogna andare in questa direzione se vogliamo che le istituzioni europee tornino ad avere la fiducia dei cittadini. Il Parlamento europeo è l’unica istituzione democraticamente eletta e quindi deve essere svolgere un ruolo centrale.

Noi difendiamo le prerogative politiche dell’Europa, del Parlamento europeo.

Sul tema dei crediti deteriorati (tema centrale per le nostre banche) ci aspettiamo che dalla Commissione europea arrivi una proposta legislativa a inizio 2018, poi Parlamento europeo e Consiglio europeo decideranno se approvarla o meno.

Cari amici, L’EUROSCETTICISMO NASCE SE LA POLITICA NON FA IL SUO DOVERE.

Oggi serve più politica in Europa.

Questa è la nostra richiesta.

Secondo Confindustria (presidente Confindustria Veneto Matteo Zoppas) l’effetto delle nuove regole BCE sugli NPL (Non performing loans, prestiti non performanti) sarebbe devastante per le nostre imprese.

Se messe in pratica l’effetto sarebbe di stringere i canali di finanziamento per le imprese e quindi la conseguenza molto pratica sarebbe di schiacciare qualsiasi possibile slancio di ripresa economica e occupazionale, soprattutto in regioni “traino” per il sistema economico dell’Italia come Veneto e Lombardia.

Oggi le imprese si trovano in una situazione paradossale.

Da un lato ci sono misure importanti come Industria 4.0 – che noi abbiamo sostenuto convintamente – che consentono di investire in innovazione e digitale, dall’altro lato però il dialogo tra banche e imprese diventa sempre più difficile e complesso.

A dimostrazione di questa “difficoltà” di dialogo tra banche e imprese – tema dell’incontro di stasera –  c’è un dato.

Dal 2009 al 2015, in Europa, i prestiti da parte delle banche al settore privato nelle banche comunitarie è sceso da oltre il 117% del Pil europeo al 99%.

In Italia il sistema bancario pesa per il 70% dei crediti erogati alle imprese.

Nel caso del rapporto banca impresa può capitare che un’impresa animata dal “classico sogno nel cassetto” ma priva di garanzie non sia in grado di trovare il denaro necessario per trasformare l’idea in un prodotto.

Ed è proprio per superare queste difficoltà che nasce il MEDIOCREDITO uno strumento rivolto alle piccole e medie imprese , per favorire il finanziamento di realtà che, anche se potenzialmente promettenti, hanno difficoltà ad accedere al credito bancario.

Il Parlamento è intervenuto negli anni più volte con l’obiettivo di sostenere il credito alle imprese e facilitare il rapporto banca -impresa..

Ricordo da ultimo la nuova SABATINI (LEGGE N. 98/2013) per l’accesso al credito per gli investimenti produttivi e tecnologici delle pmi.

In questo quadro diventa fondamentale uno strumento come il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese attivato dal Ministero dello Sviluppo economico. Uno strumento che il decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio ha rifinanziato con una dote aggiuntiva di 500 milioni (300 per il 2017 e 200 milioni per il 2018).

Il perimetro del Fondo di garanzia deve essere ulteriormente esteso e andrebbe elevato l’importo massimo garantito.

Si tratta di uno strumento a favore delle piccole e medie imprese (negli ultimi 8 anni l’Italia ha perso 158.000 imprese artigiane, 400.000 addetti)

Alcuni dati sul Fondo di garanzia in Veneto.

  • 7,7 mld di garanzie in Veneto dal 2000
  • 1,2 mld solo nei primi 9 mesi dal 2017 (il 13% del totale delle garanzie a livello nazionale)
  • Queste garanzie hanno liberato finanziamenti pari a 1,7 mld

Questi numeri ci dimostrano che si tratta di uno strumento importante a difesa della possibilità di accesso al credito per le nostre aziende.

Il quadro attuale – a maggior ragione in una situazione di crisi del credito   che è tutt’altro che alle spalle – ci dimostra che il Fondo centrale di garanzia è uno strumento fondamentale e che, semmai, è necessario lavorare per ampliare la platea dei soggetti garantibili ovvero delle imprese che ne possono beneficiare.

 Bisogna fare di più, anche sul fronte del pagamento dei debiti della PA nei confronti delle imprese. Dei passi in avanti sono stati compiuti – basti pensare alla piattaforma realizzata dal Ministero dell’economia che oggi monitora l’esito di quasi 30 milioni di fatture per un importo di 150 mld di euro – ma bisogna fare di più.

Dal lato delle imprese sicuramente molto è stato fatto in questi anni per alimentare la cultura d’impresa che fa parte del Dna del veneto. Lo abbiamo visto con Industria 4.0.

Per tradizione e vocazione manifatturiera, il Veneto rappresenta il laboratorio ideale per lo sviluppo del modello industriale 4.0.

Quello delle banche non è solo un tema finanziario ma è strettamente connesso con l’economia reale, con la vita delle nostre imprese e, di riflesso, con il tema del lavoro.

Torno alle parole del presidente della CEI Bassetti a cui mi rifacevo all’inizio di questo mio breve intervento.

Il monito della CEI è un monito che oggi la politica deve accogliere con la massima attenzione. Perché la ripresa di domani passa dal lavoro.

Il lavoro c’è se si aiutano le imprese a crescere.

E lo sviluppo e la crescita delle imprese passa anche attraverso il sostegno del credito.

Sono tre “anelli” strettamente concatenati tra di loro.