Dal Commodore 64 all’IA fino al Metaverso

Cari amici,

oggi pomeriggio, in Sala Zuccari, in Senato, su mia iniziativa, si è tenuto il convegno dal titolo “Dal Commodore ’64 all’Intelligenza artificiale fino al Metaverso”.

Erano presenti: Gianni Potti (presidente e founder di DigitalMeet 2023); Gianpaolo Araco (capo Ufficio organizzazione Strategie IT Senato della Repubblica); Gianpaolo Greco (Direttore creativo Team XR UQUIDO); Valter Fraccaro (presidente della Fondazione SAIHUB – Siena Artificial Intelligence Hub); Gianni Dal Pozzo (presidente Alumni Università degli Studi di Padova); Lisa Di Feliciantonio (Chief External Relations & Sustainibility Officer di Fastweb); Cristiano Cannarsa (AD Sogei), Lorenzo Cesa (Presidente Delegazione italiana NATO) e, infine, due autorevoli rappresentanti del Governo: Giorgio Silli (sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari esteri) e Alberto Barachini (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria).

L’intelligenza artificiale.

Qualche anno fa, era patrimonio di pochi, un po’ come Internet 30-40 anni fa.

Oggi invece è alla portata di tutti. Per utilizzarla, basta andare su un sito Internet.

Ed ecco che all’improvviso l’Artificial intelligence sa scrivere, disegnare, dare consigli, aiutare i ragazzi nei compiti a scuola. Sembra di conversare con un essere umano.

Un decennio fa c’era il Cloud computing l’Internet of things e i Big data.

Oggi viviamo in un mondo che sta cambiando velocemente.

Dall’Intelligenza artificiale al Metaverso: parliamo di applicazioni che verosimilmente muteranno la vita di ciascuno di noi, di milioni di persone e che stanno già trovando concreta realizzazione nel mondo business per migliorare produttività ed efficienza delle nostre aziende, ad esempio.

Ma non solo, come vedremo, in questo tavolo, grazie al contributo dei Relatori che vi ho presentato, tutto ciò sta già avendo un impatto e avrà un impatto ancora più forte sugli altri ambiti della nostra vita: nelle istituzioni, nel pubblico, nella formazione e quindi nelle competenze richieste, nei grandi player dei servizi tecnologici ma anche nell’editoria e nei nostri sistemi di difesa, anzi direi sempre di più di cybersicurezza.

Quali sono le prospettive positive? Quali sono quelle negative?

Oggi questa Giornata ha l’ambizione non di dare risposte univoche ma di promuovere un confronto.

Il pericolo, a mio avviso, non è che l’IA o la macchina ci rimpiazzi sul lavoro. Io credo che la mente umana sia qualcosa di insostituibile.

Al contrario, però, il rischio è ci impoverisca culturalmente, quello sì!

D’altronde se c’è un limite dell’IA quello va chiaramente detto.

Parliamo di big data. Gli algoritmi di intelligenza artificiale si basano su informazioni statistiche riferite al passato.  Ma il futuro è diverso – ontologicamente – da ciò che è accaduto ieri.

E allora? Se succede qualcosa di inaspettato, un cambiamento repentino nel tempo?

Sembra essere questo, stando almeno ad alcuni autorevoli analisti, il tallone d’Achille dell’IA.

La flessibilità della nostra mente è qualcosa che non ha eguali.

La creatività è per antonomasia sinonimo di originalità.

D’altronde, se un’opera d’arte è creata da Tizio Caio o Sempronio, sappiamo che l’autore è Tizio Caio o Sempronio. Ma se a creare l’opera d’arte non è più una persona fisica ma è una macchina, chi sarà l’autore?

E’ una domanda che lascio volutamente aperta.

Perché se è vero che con la calcolatrice tascabile abbiamo smesso di fare i conti a mente, con il GPS abbiamo smarrito il senso dell’orientamento, con strumenti come Chat GPT, ad esempio, una generazione più avanti di noi, forse, potrebbe perdere qualcosa di più come la capacità di formare frasi di senso compiuto.

Non ci sono solo limiti, però. Ci sono anche potenzialità, attenzione.

Qualcuno dice che, grazie alla ricerca, quando interagiremo con le macchine, difficilmente capiremo se stiamo interagendo con un dispositivo elettronico o una persona in carne e ossa.

Di certo, dobbiamo iniziare a ragionare su questo nuovo mondo all’altezza di IA

  • Formando “(dobbiamo formare i nativi digitali a essere nativi dell’IA”)
  • Regolandolo (“per creare uno scudo e proteggere i diritti digitali delle persone, il diritto a proteggere il dato.. basti pensare al fatto che su Chatgpt ad oggi non c’è alcun riferimento a una normativa e quindi non c’è il diritto alla cancellazione dei dati che noi immettiamo nel magma della rete”)
  • Contrastando gli abusi e sanzionandoli

Esattamente come avviene nella vita reale, d’altronde, c’è bisogno anche di questo.

Abbiamo letto, qualche giorno fa, quanto è accaduto alla conduttrice televisiva Mara Venier vittima inconsapevole di un tentativo di truffa . Una sua immagine fake riprodotta con l’IA infatti è stata usata per una truffa in cui la conduttrice avrebbe invitato gli spettatori a investire in prodotti finanziari.

Un intervento pubblico per contrastare gli abusi è non solo opportuno ma necessario.

La “mano invisibile” di Adam Smith non può funzionare.

Servono delle regole, condivise.

Servono delle norme perché solo così riusciremo a creare un clima di vera fiducia intorno all’I.A.

A oggi una disciplina normativa non esiste: a prevederla sarà il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale che è stato varato dal Parlamento e che ora è oggetto di un negoziato fra Parlamento Consiglio UE e Commissione Ue, negoziato che porterà alla stesura definitiva – ci auguriamo tutti presto – del IA Act.

E qui aprirei una parentesi: nella nostra cultura i diritti sono sempre controbilanciati fra di loro, in una logica di check and balance.

Utilizzare una nuova tecnologia come l’IA va bene ma non può e non deve contrastare con altri diritti.

Ecco perché ad esempio nell’IA Act  – votato dal PE  – c’è ad esempio un divieto assoluto di alcune pratiche come la classificazione delle persone fisiche in base ai loro comportamenti sociali o, ancora, usare le telecamere a riconoscimento biometrico negli spazi pubblici.

Eppure, va detto ancora, una cornice europea non è sufficiente.

Servirebbe una regolamentazione globale visto che quando parliamo di IA , Metaverso e blockchain parliamo di tecnologie che non riguardano solo i privati ma anche gli Stati che possono sfruttare questa tecnologie per far crescere la propria sfera di influenza sugli altri Stati.

Non è questa la sede per immaginare scenari catastrofici o catastrofisti ma, forse, qualche spunto per una riflessione approfondita quella sì.

Cina e Russia, secondo alcuni analisti, usano l’IA per porre in essere la cosiddetta repressione digitale.

La Cina, ad esempio, come è noto, ha introdotto una norma che riguarda i servizi di generazione di testi audio e video al mercato dei consumatori.

Secondo questa norma, i testi devono rispettare alcuni criteri.

Quindi c’è di fatto un controllo sui contenuti che circolano nella rete, tema su cui giustamente ci si interroga.

Eliminare le risposte scomode, le parole chiave scomode implica una sorta di censura sulla formazione dell’opinione pubblica e dunque sulla qualità della democrazia.

Ci si interroga sui risvolti etici: è giusto, non è giusto?

In un sistema democratico moderno, come è il nostro, come va usato lo strumento dell’IA?

L’Europa è attore centrale, sia nello sviluppo di questa tecnologia ma anche nel suo utilizzo responsabile.

Dobbiamo impegnarci come Italia in Europa e far sì che l’Europa questa volta sia protagonista e essere al centro della governance mondiale su questo fronte.

L’Europa non può restare a guardare.

Concludo con un aspetto che è tutt’altro che marginale.

La Formazione.

Secondo la School of management del Politecnico di Milano, nel 2022, si è registrato, in Italia, un boom del mercato di IA (500 milioni di euro, +32% in 12 mesi).

Non a caso, l’impatto dell’intelligenza artificiale sui nostri mercati del lavoro sarà al centro delle iniziative della Presidenza italiana del G7 il prossimo anno.

Come ha giustamente evidenziato, qualche giorno fa, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni c’è la necessità di stabilire dei principi etici che devono governare l’intelligenza artificiale.

Non solo, è altrettanto indispensabile preparare e creare nuove competenze. Ne abbiamo parlato stamane presentando il Digitalmeet 2023.

E’ cruciale formare le nuove generazioni, i nativi digitali dell’AI.

Le aziende stanno cominciando a dotarsi di nuove competenze e di nuove risorse.

E le istituzioni? Oggi avremo l’onore di ospitare autorevoli rappresentanti del Governo a cui vorremmo rivolgere questo input: a che punto siamo? Come l’Italia si sta preparando ad affrontare questa nuova sfida?

Le istituzioni come il Senato della Repubblica non stanno a guardare.

Ce lo ricorderà nel suo intervento sicuramente l’Ing. Araco : le nuove tecnologie, infatti, devono essere sempre un mezzo per migliorare l’efficienza, la trasparenza dei processivi legislativi e la qualità delle decisioni assunte, avvicinando sempre di più – come già sta avvenendo da tempo -ad avvicinare i cittadini ai loro rappresentanti.

Regole e formazione, infatti, da sole non bastano.

Servono investimenti, sia pubblici che privati.

Dai numeri dell’AI Index della Stanford del 2023 emerge un quadro interessante: l’anno scorso negli Stati Uniti gli investimenti privati sull’IA hanno superato i 47 mld di dollari, il triplo di quelli cinesi, 10 volte più di quelli britannici. In coda ci sono Germania e Francia con cifre che si aggirano intorno a 2 miliardi. L’Italia, al momento, è fuori da questa classifica.

Decidere di investire nell’AI oggi è un po’ come la scelta su cui gli investitori alla fine del 1800 riflettevano mentre assistevano alla crescita dirompente del settore ferroviario.

Era possibile acquistare azioni delle Ferrovie oppure investire nelle società che traevano vantaggio dalle stesse, come i produttori tessili e i produttori di carne, le cui merci raggiungevano i porti più velocemente.

Per intervenire normativamente su Metaverso e Intelligenza artificiale – mi avvio alle conclusioni – occorre avere ben chiare potenzialità ma anche limiti o rischi a cui si andrà di fronte, senza mitizzare in un senso o nell’altro il fenomeno.

Anche per questo motivo ho fortemente voluto questo Convegno.

D’altronde le grandi sfide dei nostri tempi si vincono solo se restiamo uniti e con lo strumento del dialogo siamo pronti a promuovere un confronto e un dibattito di idee, costruttivo e serio.

Per arrivare a soluzioni più efficaci e innovative.

Che mettano sempre al centro l’uomo, i suoi diritti, il diritto delle nostre Comunità alla crescita in una prospettiva che deve guardare, sempre, al futuro.

Antonio

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